Boniciolli: "Trieste-Udine? Due agli antipodi, l'essere e la pallacanestro"

E’ nato a Trieste, ma la sua carriera da capoallenatore è decollata ad Udine. Laddove “decollare”, per qualcuno, potrebbe avere un significato più truce.

“Ricordo distintamente, nel silenzio di una fine gara appena persa al Carnera nel solito inizio difficile delle mie squadre, un bel “tornatene a Trieste!”. Ecco, diciamo che mettere in mano ad un giovane allenatore triestino il rilancio della pallacanestro udinese, sotto l’ala protettiva di Snaidero, non aveva messo d’accordo esattamente tutti”.

- Matteo Boniciolli, sabato sera Trieste ed Udine si ritrovano una di fronte all’altra. Rivali storiche, perché?
“Siamo nella terra di Pisa e Livorno, che di conseguenza è la stessa di Trieste ed Udine. Una spruzzata di storia, una di territori limitrofi, una di visioni della vita sicuramente diverse. Politicamente, Udine rivendica da sempre un maggior peso politico nella vita regionale. Reso plausibile dalla forbice produttiva delle due realtà: Trieste ha la Illy, ma poche altre realtà industriali e molto terziario; Udine, viceversa, ha una forza lavoro ed una imprenditorialità che Trieste sogna. Tanto che il futuro della Pallacanestro Trieste è passato nelle mani di uno che viene da Udine, Gianluca Mauro”.

Sembra un endorsement pro-Udine.
“Analizzo i fatti. L’atteggiamento verso la vita è diverso, Trieste confina con il mare, Udine con le montagne. Il triestino, senza alcuna polemica, sta vedendo erodere il suo potere politico, mentre il friulano appare più concreto. Venendo al basket, gli appelli delle istituzioni triestine agli imprenditori non hanno mai raccolto le cifre necessarie per garantire una proprietà locale, il meglio lo hanno fatto i tifosi con gli abbonamenti. Il friulano, mediamente, dà risposte più solide”.

- Chi è il triestino appassionato di basket?
“Una persona mediamente molto colta, anche di basket, che vive però più come un fatto estetico che passionale. E dà il suo apprezzamento alla squadra non a prescindere, ma a fronte di una prestazione orgogliosa e di qualità tecnica. Sennò ci si ferma alla presenza”.

- E l’udinese?
“Molto attaccato alle sue radici, molto critico. Ma che vede in qualsiasi prodotto, compresa la squadra di basket, un frutto della propria terra, un’estensione del suo essere friulano”.

- Torniamo a quell’estate del 1999, la firma per Udine.
“C’era molta curiosità, affidando a me, giovane, esordiente e triestino, la pallacanestro udinese marchiata Snaidero. Tanta responsabilità, ed avvio complesso. Poi i playoff, ed al termine la promozione in A1, col Carnera pieno al doppio della capienza per la serie contro Barcellona. Iniziai nel freddo, oggi vanto rapporti indistruttibili con tanti friulani”.

- I suoi colleghi di oggi: Dalmasson a Trieste.
“Lo portai in città otto anni fa. Da quel momento non ha sbagliato una scelta. Quest’anno ha puntato sulla necessità di avere più atletismo, aggiungendo Green, uno che in più coinvolge il pubblico. Ed ora, prendendo Cittadini, è chiaro l’obiettivo di vincere più partite, mi auguro non a scapito dei giovani e della territorialità, forza della Pallacanestro Trieste degli ultimi anni”.

- Lardo ad Udine.
“Allenatore da sempre molto tattico, con le sue zone. Pure se alla Final Four di Montecatini, per salire in A2, l’ho visto allungare la sua difesa su tutto il campo, seguendo l’indicazione di quanto fatto da noi l’anno prima con la Fortitudo. In B non è così usuale”.

- Ce li descriva seduti sulle due panchine.
“Due eccellenti professionisti, ai quali invidio una pacatezza che non ho mai avuto… Mai polemici. Sono molto diversi in termini di pallacanestro prodotta. Lino è sempre stato un allenatore molto tattico, Eugenio ha sempre lavorato sul suo sistema più che sulla distruzione di quello degli altri. Hanno fatto dell’approccio non aggressivo la loro forza. E sono due avversari leali”.

- Allan Ray è il Charlie Smith di quegli anni udinesi?
“Come talento vedo similitudini, non come momento della carriera. Smith fu scelto da Sarti a 24 anni, di fatto all’inizio della carriera europea, dopo il taglio dall’NBA. Il Ray di oggi è arrivato ad Udine dopo aver già maturato tutte le esperienze possibili”.

A Trieste invece l’arrivo di Green ha portato ad una rivisitazione del ruolo di Parks, esplosivo lo scorso anno.
“Solitamente si punta sulla crescita dei giocatori italiani, Dalmasson stavolta lavora su quella di uno straniero. Scelta interessante quanto complessa, perché se funziona, è a vantaggio del giocatore; se va male, è colpa dell’allenatore. L’arrivo di Cittadini testimonia che il processo è ancora lungo”.

- Che partita sarà, Trieste-Udine, sabato sera?
“Trieste l’ho vista disintegrare Forlì, una squadra eccellente. Ma adesso il PalaRubini è un fortino inespugnabile, la squadra lo avverte e non batte le avversarie, le travolge. A Dalmasson basterà guidare una squadra in grado di essere se stessa. A Lardo invece servirà un ritorno a piene mani all’amata tattica, ci ha fatto ammattire in tanti, sono certo proverà a farlo anche sabato”.

 

Stefano Valenti
Area Comunicazione LNP