Non molliamo mai!

Chiet vs Trieste

Combattiamo all’infinito,  senza curarci di quanto ci costi, delle sconfitte, dell’improbabilità di vincere. Combattiamo fino all’ultimo respiro, siamo abruzzesi.

Come ogni sabato avrei voluto scrivere di pallacanestro, della partita con Trieste, riportare la voce di giocatori e allenatori sulla gara di domenica ma ciò non mi è possibile, non posso tacere su quello che è accaduto a noi, ai nostri fratelli, alla nostra terra. Se a Chieti la situazione è ormai quasi deltutto normalizzata, altrove la tragedia abbattutasi sull’Abruzzo è ancora in atto. La lotta disperata contro il tempo è sotto gli occhi di un paese che attonito, minuto dopo minuto, attende al coraggio e alla disperazione di chi opera per estrarre vite umane dalla trappola di ghiaccio dell’Hotel Rigopiano. Il tam tam mediatico alterna istantanee, destinate a restare per decenni nell’immaginario collettivo degli italiani, con una galleria di volti istituzionali tutti tesi a relazionare, spiegare e giustificare gli eventi. Faccio fatica a seguire il filo del racconto: pompieri, sindaci, geologi, alpinisti, parenti, politici si alternano nello sforzo di testimoniare una narrazione che mi appare sempre più incoerente e confusa. Non emerge la realtà, quella vera, ma la riproposizione stereotipata di un Abruzzo ancestrale, esotico. Una regione oltre i confini dell’Italia stessa, un mondo favolistico, selvaggio e aspro, abitato da pastori atavici e introspettivi. È un Abruzzo balcanizzato, dove nevica ininterrottamente e la vita è sospesa in un grande e minaccioso inverno. “Ubi leones" scrivevano un tempo sulle mappe per indicare le lande più selvagge e inospitali. Abruzzo “hic sunt leones”, attenti italiani ad inoltrarvi nella più sconosciuta e primitiva delle regioni italiane. Eppure, se si mettesse da parte per un attimo questa immagine fanfaronesca degli abruzzesi e dell’Abruzzo ben altra verità emergerebbe. Non sarebbe uno sforzo inutile ma a qualcuno, sicuramente, dannoso quello di ricollocare la nostra regione in una storia, macchiata dagli scandali, dalle speculazioni e dalla malapolitica. L’Hotel Rigopiano era posto a quota 1.200 metri e non in cima al Gran Sasso o su un altipiano tibetano, era collocato in un luogo ameno dove d’estate le famiglie vanno in gita a fare pic-nic. Del tutto lecito, quindi, collocarvi un albergo, un’attività imprenditoriale che potesse riqualificare turisticamente una dei luoghi paesaggistici più belli d’Italia. Ma delittuoso è stato abbandonare a se stessa questa struttura, negando ad essa la necessaria manutenzione della rete strutturale che la collegava. Dio non voglia ma ve l’immaginate se accadesse una tragedia come questa in Alto Adige o nel Tirolo o in Valtellina. Qualcuno avrebbe mai sottolineato la pericolosità di costruire un albergo in un’area di mezza montagna ? No di certo! Ma quando si parla d’Abruzzo non c’è limite al ridicolo, d’altronde, come detto, “ubi leones”. Perché ? Le ragioni sono tante ma nel nostro caso specifico qualcuno avrebbe dovuto ammettere, ad esempio, la scarsa manutenzione delle strade e nello specifico l’incuria di non aver tenuto pulita una via che avrebbe potuto far discendere velocemente a valle tutti gli ospiti dell’albergo. No, meglio tacere queste verità e continuare a perpetuare l’immagine di una regione estrema, un mondo da contemplare in cartolina ma non da vivere in prima persona. 
In mezzo a questo circo mediatico, ci collochiamo noi abruzzesi e a nulla vale l’impegno e la laboriosità che da sempre ci caratterizza, restiamo e resteremo per sempre “i pastori di D’Annunzio”, statuine belle e coreografiche ma marginali nella storia del nostro paese. La Pallacanestro Chieti in questi giorni ha lottato strenuamente, a sue spese, per dimostrare, nel suo ambito, che gli abruzzesi sono ben altro, che gli abruzzesi al pari e più di altri hanno una volontà ferrea e che, ben lungi dall’immagine di pigri uomini contemplativi,  rifiutano ogni sorta di fatalismo e sono in grado da soli di sostenere il peso delle emergenze. La nostra piccola battaglia era questa e ci sentiamo di dire che l’abbiamo vinta a dispetto dei tanti che ritenevano, a torto, noi e, in un ambito ben più ampio, gli abruzzesi incapaci di fronteggiare le calamità riversatesi sulle nostra città, sulla nostra regione. Attendiamo l’arrivo di Trieste, altra evocativa città di frontiera che ben conosce l’arte di contrapporsi con coraggio e perizia all’asprezza dei venti dell’est e della storia. Insieme a loro, daremo vita ad un confronto agonistico, che ci allontanerà per un po’ dalle tensioni vissute in questi giorni, e non è poca cosa, e che, soprattutto, rappresenterà un primo approccio alla normalità, nella piena consapevolezza di un’autostima che da sempre ci fa gridare con orgoglio: “noi abruzzesi non molliamo mai”.  Neve, esondazioni, terremoti e slavine possono farci vacillare ma non cadere. Siamo abruzzesi, da sempre, avvezzi a rialzarci e a ricominciare con più forza, voglia e testardaggine di prima. Domenica come teatini e abruzzesi giocheremo anche e soprattutto per mostrare il nostro orgoglio. Vincere sarebbe bellissimo!

FURIE COMMUNICATION AND PRESS OFFICE MANAGER 
MASSIMO RENELLA