Righetti svela il suo futuro: sarà 2° assistente in A2 e coach delle giovanili Eurobasket

Alex Righetti: si chiude la sua carriera da giocatore

A quasi due settimane dal termine delle regular season di A2 e dopo una serie di indiscrezioni, Alex Righetti ha ufficializzato il suo futuro in una lunga intervista rilasciata questa mattina: d’accordo con la società, sarà il secondo assistente dello staff dell’Eurobasket nel prossimo campionato di  A2 e capo allenatore di una delle formazioni giovanili.

 

La sua carriera si chiude dopo 23 stagioni agonistiche (20 delle quali in Serie A, con 5109 punti segnati) e 114 presenze con la Nazionale maggiore: è stato bronzo europeo in Svezia (2003) e argento olimpico ad Atene 2004.  

 

Di seguito l’intervista in versione integrale:

 

Si è parlato tanto di questo dall’ultima partita di regular season, in un momento sempre abbastanza delicato quale la fine di una stagione per una squadra e quella di una carriera per un giocatore: quasi due settimane dopo, è giusto che ci dica tu quale sarà il tuo futuro?

 

“ Il mio futuro sarà sicuramente ancora qui all’Eurobasket, con Armando e Cristiano abbiamo deciso che la mia carriera proseguirà in un’altra veste, quella da allenatore. Lo scorso anno ho conseguito il patentino da allenatore nazionale a Bormio, sarà un’esperienza nuova e da affrontare con il massimo dell’impegno e della serietà, interessante e tutta  nuova. Ho deciso di smettere di giocare perché credo sia importante per me come persona essere onesto prima di tutto con me stesso, sono sempre stato un giocatore che ha fatto dell’allenamento la sua dote principale, il suo obiettivo di vita per quel che riguarda la pallacanestro. Arrivare alla mia età con la difficoltà soprattutto mentale di riuscire ad allenarmi è qualcosa che mi pone dubbi e domande, quindi alla base della mia scelta c’è questo: non ho in questo momento la forza e la voglia di continuare a farlo assiduamente durante la settimana e preferisco non tradire i miei principi, che sono sempre stati allenamento e ricerca della perfezione, provare migliorarmi ogni volta e partire dall’allenamento per essere pronto poi la domenica per la partita. Così arriva una decisione difficile, ma che prima o poi ti si pone davanti”.

 

La società, nelle persone di Armando e Cristiano Buonamici, ha subito puntato forte su di te pur essendo tu un debuttante: perché la scelta di allenare e non quella di un altro ruolo in cui mettere a disposizione tutta la tua esperienza?

 

Credo che se devo pensare ad un futuro mio prossimo, mi ci vedo più a lavorare sul campo e non dietro ad una scrivania per le mie caratteristiche personali e di carattere. La mia indole di giocatore sarà poi proiettata sul campo, perché amo il lavoro in palestra, stare con i giovani e poter esprimere le mie idee su un parquet. Non ho mai pensato ad un proseguimento di carriera che non fosse sul parquet, mi lusinga e rende orgoglioso che la società abbia pensato a me: ora non faccio né promesse, né premesse, ma io metterò anche qui il mio 100% così come da giocatore e in qualsiasi altra cosa faccia nella mia vita. L’impegno non mancherà mai, è uno stimolo, ma anche una prova. Sono curioso io per primo di mettermi alla prova in una veste diversa, ansioso e voglioso di poter fare questa esperienza e capire se essere in grado di continuare e se veramente è un ruolo che possa piacermi e darmi soddisfazioni anche in futuro”.

 

Sarai, tra le altre cose, il secondo assistente in una squadra di A2 che è stata tua fino a qualche giorno fa: che idea ti sei fatto di quella che sarà la tua nuova veste durante la settimana ed in preparazione alla partita?

 

Un’idea te la fai sempre, parlando sia con la presidenza che con lo staff. In questo momento non ho l’esperienza di allenatore che possa permettermi di affrontare nell’immediato una quotidianità e una preparazione fin da subito, ma mi porto dietro un bagaglio trentennale d’esperienza nella pallacanestro e tanta voglia di imparare. Alla fine quando c’è collaborazione tra gli allenatori, come tra i giocatori,  credo si possa imparare a fare tutto e migliorare, cogliendo senz’altro dagli allenatori che hanno più esperienza di me”.

 

Fanti, Bonessio e ci auguriamo anche qualcun altro: compagni di squadra fino a ieri, che ora vedrai sotto un’altra prospettiva. Sarà lo stesso, un mix di divertimento e serietà, magari non con tante parole, ma al momento giusto?

 

“Il rapporto è inevitabile che un po’possa cambiare, l’importante, come in tutte le cose, è che non manchi il rispetto: divertimento sportivo sì, è giusto che ci sia, perché anche allenamento è migliore e dai qualcosa in più se ti diverti, ma alla base deve sempre esserci il rispetto. Sono ragazzi intelligenti, con voglia di fare e che amano giocare a pallacanestro, quindi non ci saranno grosse differenze, anche perché li conosco da anni e abbiamo vissuto tante battaglie in campo insieme. La differenza sarà più mia nel rapportarmi con loro in un’altra veste che non sia più quella di compagno di squadra: dovrò essere più svelto di capire modi, metodi e tempi per instaurare un rapporto di fiducia da un’altra prospettiva”.

 

Davide Bonora, prima compagno di squadra, poi tuo allenatore e socio fuori dal parquet, adesso parti dello stesso staff tecnico: un rapporto che si rafforza ulteriormente e vivrà un’altra sfaccettatura interessante e affascinante e che avrà sempre una partita di padel come sfogo nelle situazioni più delicate.

 

“Siamo amici e ci vediamo anche al di fuori, con una serie di interessi comuni che rendono il rapporto già abbastanza rodato e consolidato, poi ora ci saranno delle dinamiche di campo diverse rispetto a prima, e che adesso saranno tra colleghi. Per me saranno tutte cose nuove che dovrò e vorrò imparare e che ora non posso giudicare, ma che vivo con la voglia di apprendere e di capire prima possibile le varie sfaccettature nel passare dall’altra parte del campo”.

 

Non solo prima squadra, ovviamente. Ma anche l’inizio di un’avventura nel settore giovanile, che sarà guidato a tempo pieno da Damiano Pilot: che differenza vedi nei ragazzi di oggi, rispetto a quando avevi tu la loro età e cosa porterai in dote dei sacrifici fatti in passato da trasmettere loro in campo e fuori?

 

Si aprirebbe un capitolo che durerebbe mezza giornata, ci sono tante differenze rispetto a prima e sono cambiati i tempi: sono passati più di vent’anni,ma  io come persona e come allenatore mi aspetto sempre rispetto e sacrificio dai ragazzi. Questa è la cosa che mi aspettavo anche quando ero in campo, sono due cose che mi aspetto sempre per chi voglia fare qualsiasi tipo di sport e lavoro: rispetto delle regole, dei compagni, il sacrificio negli allenamenti e nelle partite credo siano gli aspetti che ti facciano veramente apprezzare quello che fai e migliorare. Sarà una veste nuova da gustare, imparare, chiaramente sbagliando anche, e da vivere dal momento in cui veramente si inizierà a fare sul serio”.

 

Settore giovanile adesso: quale dovrebbe essere la sua “missione” principale e come coltivarla?

 

Credo che ogni società debba programmare il suo lavoro con i vari staff, avere propri obiettivi e metodi. Io personalmente credo, per quello che ho vissuto, che l’obbligo o la strada da tracciare di una società siano soprattutto creare soprattutto ragazzi responsabili man mano che crescano, e renderli responsabili, perché su tanti ragazzi di un vivaio, forse sono pochi quelli che arriveranno a giocare dalla serie B in su: 10, 15, 20.. Allora il compito della società è formare soprattutto l’uomo che uscirà dal settore giovanili, poi si lavora per creare giocatori che siano un indotto importante, diano visibilità, facciano da traino per tutto il movimento e quello che gira attorno. Le Finali Nazionali danno prestigio e visibilità immediata, ma i giocatori quando escono fuori devono sapersi relazionare con l’esterno, ed in campo essere capaci di giocare a pallacanestro. Tra una Finale Nazionale o un giocatore senior in più, prediligo la seconda strada: come allenatori abbiamo l’obbligo di creare o provare a creare giocatori che sappiano giocare, affrontare momenti difficili, fare più cose, e che non si trovino spaesati dopo aver cambiato squadra, andando nel pallone. Non è facile, ma credo che il dovere di allenatore sia proprio questo”.

 

“Mi allena Alex Righetti”, ad un giovane atleta potrebbero venire i brividi al sol pensiero: come ti rapporterai con loro per “abbattere” qualche timore, così come accade a chi ha a che fare con te nel quotidiano?

 

Sarà diverso e tutto nuovo anche per me, anche nel relazionarmi con loro, ma credo di non essere una persona così complicata. Ho giocato gli ultimi tre anni con compagni di squadra anche vent’anni più giovani di me, quindi un po’ di esperienza me la sono fatta. Credo che dopo un po’ di imbarazzo del primo giorno, poi si entrerà nel quotidiano e queste cose non ci saranno più”.

 

Che Alex Righetti versione coach vedremo: un punto in più dell’avversario o dal gioco più equilibrato?

 

“Mi reputo privilegiato, perché sono stato allenato da tantissimi grandi allenatori, senza stare a fare i nomi, perché sarebbero tanti. Chiunque mi ha lasciato qualcosa, perché se passi tanto tempo in palestra con queste persone qualcosa impari sempre. Ho preso un po’ da tutti, ho delle mie idee, però è chiaro che mi ispiro a quello che io ho vissuto e mi hanno insegnato. Resta il fatto che io ho una mia idea e credo su quella mi baserò. Non ero quel tipo di giocatore, né tipo di allenatore che gioca a pallacanestro per correre e tirare dopo un passaggio: dobbiamo essere una scuola per i giovani, è bello saper tirare, correre e schiacciare, ma poi bisogna giocare a pallacanestro, come fanno le  squadre più forti d’Europa. Sarà la prima esperienza,ma una mia filosofia ce la devo avere per forza. Ho compiuto questo percorso da giocatore e mi piace portarlo avanti così”.

In chiusura: un ringraziamento particolare?

“Dovrei ringraziare chiunque abbia fatto parte di me in questi venticinque anni, nel quotidiano e non solo, ma faccio un discorso un po’ astratto: ringrazio la Pallacanestro, per tutto quello che mi ha dato e ho ricevuto, credo che abbia formato il giovane e l’abbia portato a raggiungere dei livelli importanti. Io mi guardo allo specchio e vedo un uomo che mi piace, sia caratterialmente, che in altri aspetti, quindi ringrazio Lei perché mi ha formato e oggi mi piaccio così”.