Cinque domande a...Andrea Zanchi

- Coach Andrea Zanchi, ritorna quest'anno all'Assigeco dopo due anni. Quali sono le sue sensazioni?
- Le sensazioni sono belle, perchè in un mondo che va di fretta, dove certi valori si stanno perdendo, avere la possibilità di ritornare in una società dove si è stati bene, in un luogo con tanti amici anche fuori dal basket, mi ha fatto enorme piacere. A livello umano, prima che professionale.

- Quali sono gli obiettivi che vi siete posti con la società? Ci sono dei punti di contatto con la sua precedente esperienza all'Assigeco?
- Questa è una società nuova, stiamo parlando di Piacenza, non più di Casalpusterlengo. Il punto di contatto è il proprietario, Franco Curioni. È una situazione diversa rispetto al passato, quando si aveva una società di settore giovanile che faceva anche prima squadra. Ora si lavora più come riferimento per il territorio e si vuole diventare la squadra di Piacenza, provando a riempire l’impianto. Per fare questo servono gli uomini giusti, avere gente che ha voglia di lottare. Ovvio che i risultati aiutano, ma prima occorre concentrarsi sulla squadra.

- Come pensate di allestire la squadra per il prossimo anno? Avete già delle idee tecniche per la costruzione del roster?
- Credo sia ancora prematuro per parlarne, la stagione è ancora in corso, saranno valutazioni che andranno fatte con la società. Di sicuro ripartiremo dai giocatori sotto contratto dall’ultimo campionato (Formenti e Infante), oltre a Rossato che rientra dal prestito a Reggio Calabria: ci piacerebbe avere i due stranieri negli spot di playmaker e di ala-centro. Stiamo iniziando a sondare il mercato, partiremo dagli italiani. Bisognerà vedere anche in che girone saremo posizionati; se dovessimo rimanere nel girone Est, come lo scorso anno, si prospetterebbe un campionato molto difficile, con tante squadre importanti e blasonate, che faranno un mercato di alto livello.

- Una domanda sul campionato di A2, dove lei ha già allenato in passato. Quali sono le peculiarità principali di questo torneo per un allenatore?
- In A2 si vede di più la mano dell'allenatore, mentre in Serie A si allenano grandi talenti, super atleti. È difficile allenare in Serie A, ci sono tanti giocatori che non parlano lo stesso linguaggio tecnico, e si hanno squadre disomogenee. Le squadre sono tali quando ci si aiuta, mentre oggi questo concetto è di difficile attuazione; vuoi per le regole, vuoi per la società in genere, sempre più individualista. In A2, però, ci sono esempi di società che hanno scelto di puntare sugli uomini, avendo una crescita: cito i casi di Biella, Tortona, Treviglio, Virtus Roma, che con budget non elevati hanno ottenuto ottimi risultati. È quello che speriamo di fare anche noi il prossimo anno.

- Torna ad allenare da capo allenatore dopo un anno in Serie A da assistente a Cremona. A livello tecnico, quali sono le principali differenze tra allenare in prima persona o da vice?
- E' stato molto bello tornare a fare l'assistente, in un anno purtroppo non fortunato a livello di risultati; si era creato un grande rapporto con il capo (Paolo Lepore, ndr), più giovane di 13 anni rispetto a me. Allenare in prima persona, a livello emotivo e mentale, è completamente differente, è chiaro che hai un coinvolgimento maggiore. Fare l’assistente ti dà modo di vedere il gioco in maniera po' più distaccata, con un maggiore legame con i giocatori. È stato bello fare quest’esperienza, a vent’anni dalla mia ultima volta da assistente a Jesi.

 

Guido Cappella
Area Comunicazione LNP

Foto copertina Cocchetti/Sport Grigiorosso