Alessandro Lotesoriere: da Basile ad Ancelotti, giovani e veterani, "vi racconto la mia Ravenna, un gruppo vero"

E’ alla prima stagione da capoallenatore in A2, ha pilotato l’OraSì Ravenna al secondo posto della classifica nel Girone Rosso giocandosi il primato in uno scontro diretto, impronosticabile alla vigilia, con la Givova Scafati. Per l’andata si è meritato il titolo di “allenatore esordiente dell’anno” tra gli appassionati che lo hanno eletto sui canali social di LNP. Ma chi è Alessandro Lotesoriere, 36 anni, da Monopoli, ingegnere industriale ma che preferisce ingegnarsi a costruire squadre?
“Sono figlio di una insegnante di educazione fisica e di un arbitro di pallacanestro fino alla Serie B. Ho iniziato a giocare a basket alle medie, arrivo all’Università e dò precedenza allo studio ma raccogliendo l’invito del mio allenatore di dare una mano in palestra con i ragazzini”.
- Chi erano i suoi idoli del basket?
“Inevitabilmente Gianluca Basile, che da pugliese per noi era a maggior ragione un idolo ed un grande traino. E guardando all’NBA, i Lakers di Kobe e Shaq”.
- E quelli della panchina?
“Parlo fuori dal basket e, da tifoso milanista, dico Carlo Ancelotti. Non posso portare in spogliatoio un vissuto da giocatore di alto livello come lui, ma l’idea di vivere con grande equilibrio questo mestiere. Che facilmente ti porta fuori rotta, direttamente o con quello che abbiamo intorno”.
- Ravenna è un deja-vu, da assistente di Antimo Martino per tre stagioni e di Andrea Mazzon per una.
“Stagioni di cui mi porto un vissuto formativo importante. Con Antimo sono stato a Ravenna, Bologna e Reggio Emilia, abbiamo caratteri diversi ma raggiungendo un’intesa sempre più affinata come vice, con un coinvolgimento totale di cui gli posso essere solo grato. Mentre con Mazzon è stata un’esperienza molto diversa, ma altrettanto preziosa”.
- Ce ne parli.
“Andrea voleva portare concetti diversi di attacco. Figli anche della sua esperienza negli Stati Uniti. E’ stato un anno di grandi insegnamenti per me. Ma nel breve tempo non hanno prodotto un risultato”.
- Perché gli allenatori possono avere idee meravigliose, ma poi c’è il fattore tempo.
“Se hai due anni di lavoro l’idea la concretizzi. Un attacco fatto di letture, bellissimo. Cosa serve? Una Società che dia tempo ed il poter mantenere la stessa struttura di squadra. Lavorando sui tre mesi, che è il tempo medio che viene dato ad un allenatore per costruire qualcosa ed è rinnovabile in base ai risultati, l’idea del nuovo si scontra con l’abitudine. I giocatori sono abituati a fare altre cose, partendo dalla difesa. Hai poco tempo per l’attacco. Se li disorienti, e perdi, diventa complesso”.
- Siamo alla fonte della questione del perché la difesa premia e di grandi attaccanti se ne vedono pochi. Buoni tutti a star giù sulle gambe. A far canestro ci si può allenare, ma il talento non è per molti.
“Da allenatore so che con una difesa migliore posso raggiungere il risultato. E per l’attacco ho meno tempo per costruire. Quindi difesa dura, cercando il più possibile canestri facili a campo aperto. Ma tutto gira attorno al concetto di tempo. Se io ho tempo, posso far vedere un attacco migliore. In questo girone di ritorno l’obiettivo è che la mia squadra giochi meglio in attacco. Ci siamo guadagnati tempo per farlo, con un grande girone di andata. Ma adesso crescono le aspettative. Chiusi è venuta da noi per battere la capolista. E lo ha fatto. E sarà la sfida di ogni domenica. Ma possiamo permetterci di lavorare per crescere ancora”.
- Se però vi è consentito perdere tre partite in fila, dovesse accadere. Se il tempo è il fattore decisivo, serve condivisione di tutte le componenti: società, staff, atleti. Parliamo di questi.
“Il mio giocatore ideale è Andrea Raschi. L’ho incontrato a fine carriera: etica di lavoro, saper vivere lo spogliatoio con ragazzi di vent’anni più giovani di lui. Equilibrio ed umiltà. E, fondamentale, la conoscenza del gioco. Oggi lo ritrovo in Daniele Cinciarini, che in più ha vissuto basket ad alto livello. Ma le motivazioni ed il coinvolgimento sono gli stessi. Raschi faceva crescere Sgorbati e Sabatini. Cinciarini lo fa tutti i giorni con Arnaldo e Berdini”.
- Ma il gap è solo generazionale o anche di atteggiamento?
“Non rivedo, nei giovani di oggi, Raschi e Cinciarini. Ma con quei due hai le guide. Posso dire che oggi Denegri ed Oxilia non possono sembrare affamati come uno di 38 anni che cura in maniera maniacale ogni aspetto. Però posso confidare che capiscano cosa serve per arrivare fin lì. Non c’è l’attitudine per star in palestra cinque ore, oppure ammazzarsi di fatica se hai dolore. I veterani rappresentano la speranza. Se Denegri e Oxilia diventeranno giocatori di prima fascia, lo dovranno a cosa vivono oggi. E riguardo il fattore tempo: Cinciarini non si è costruito tutto e subito. Purtroppo è la filosofia che impera. E non aiuta”.
- E’ un discorso da educatore, prima ancora che da allenatore.
“Non posso dire con certezza se, al di là di generazioni diverse, sia tutto figlio di una società che cambia rapidamente o dell’impatto della tecnologia. Nei giovani vedo poca pazienza. Vai su Google ed hai tutte le risposte. Io andavo in biblioteca, facevo la mia ricerca, copiavo i testi a mano. Attitudine alla gavetta. Anche io uso Google, ma resto convinto che per diventare un giocatore importante serva ancora la biblioteca. Poi tengo a precisare che i miei giovani a Ravenna, per arrivare a questi livelli, di sacrifici ne hanno già fatti”.
- Che campionato è la Serie A2?
“Dà spazio a ragazzi anche giovani, ed agli italiani. Crea opportunità. Non lo definisco “di sviluppo”. Ma un trampolino di lancio per chi lo sa sfruttare”.
- Uno che con Basile ha vinto medaglie importanti con la Nazionale, Massimo Bulleri, ci ha dato questa fotografia: “Tra le squadre di livello tecnico simile, fa la differenza la durezza mentale. Giochi partite equilibrate, poi ad un certo punto uno prende un 10-0 e vince. L’altra subisce uno 0-10 e non si rialza più”.
“E’ un’analisi corretta e che condivido. I destini di questa Lega passano dal gruppo degli italiani. Che devono essere duri, seri ed attaccati a questo lavoro. Questo paga, soprattutto sui giovani. Per questo ne ho fatto le regole per la costruzione della squadra. Durante l’anno l’allenatore non può incidere più di tanto, se non hai questi requisiti alla base. Ed ancora meno con un gruppo veterano”.
- Il vostro secondo posto è figlio del gruppo.
“Senza dubbio. Ha qualità ad attitudine al lavoro. L’età media è bassa e dietro non hanno paracadute. Tocca a loro, per dare continuità a ciò che hanno costruito. Cinciarini ci dà leadership e la sua missione di far crescere i compagni. Gazzotti ha 30 anni, ma non ha mai avuto un ruolo di primo livello. E’ uno step nuovo, dopo aver vissuto in squadre forti ma con minori responsabilità”.
- Ci avete inserito due americani, Tilghman e Sullivan che al di là delle cifre appaiono l’estensione del concetto di costruzione fatto per il nucleo italiano.
“Tilghman è sempre stato la prima scelta, a livello di struttura fisica e tecnica era il giocatore che si sposava con chi avevamo. Mi ha colpito la sua storia: gioca con lo 0 perché al College fu scartato. Nessuno lo voleva. Lui come quel numero. Ne ha fatto la motivazione del suo percorso, ed in A2 vuole essere di passaggio. Come Sullivan. Mi ricorda Taylor Smith tra quelli passati da Ravenna. Un 4 più robusto ma più rapido. Per me sono profili ideali da allenare, inseguiamo tutti una crescita. Ho vissuto la realtà della Serie A e li posso indirizzare”.
- Ci ha già detto qualcosa del girone di ritorno dell’OraSì.
“Siamo felici di non essere andati sul mercato, vuol dire che abbiamo visto giusto e su quello costruito. Siamo solidi, non abbiamo mai mollato. Ma l’effetto sorpresa è finito e dobbiamo tenere la guardia alta”.
- Un messaggio al pubblico di Ravenna.
“Fino a fine novembre c’è stata una bella crescita, anche a quota 1600, sfiorando il soldout imposto dai limiti sulle capienze. Facciamo passare gennaio e confidiamo in una nuova ripartenza. Dico sempre, come ha fatto LNP, che il palasport è un luogo sicuro, rispettando le regole. E che lo spettacolo del basket è viverlo nei palasport, stando assieme e provando emozioni. L'incredibile canestro di Tilghman contro Ferrara è stato come un gol”. (https://fb.watch/aLKSrDmhE7/)
- Le era mai successo?
“Al campetto, dove vale tutto. E si diventa una leggenda del playground”.

Stefano Valenti
Area Comunicazione LNP

Credito immagini: LNP foto/Basket Ravenna/Zani