Intervista a Francesco Guarino, il play che tutti vorrebbero nel proprio roster

Francesco Guarino non è soltanto un giocatore di basket, è la storia del basket in Italia. Diciotto dei suoi trentasei anni (è nato il 17 settembre 1979) li ha giocati da professionista in alcune delle più importanti squadre italiane, contribuendo al conseguimento di titoli, promozioni, salvezze. Un curriculum impressionante, del quale il cestista di Bentivoglio, in provincia di Bologna, si schernisce, ammiccando un po’. Oggi Francesco Guarino è il play della Bawer Olimpia Matera.
Francesco, com’è nata la tua passione per il basket?
Mio padre era dirigente di una squadra di basket del mio paese. Naturalmente, io ero più propenso a giocare al calcio, come tutti i miei amici; poi, però un giorno mio padre mi portò in palestra, mi diedero la tuta della società, e dentro di me è scattato qualcosa: da lì è nata la mia passione per la pallacanestro, avevo 7 anni.
Quando ti sei accorto che qualcosa stava cambiando e che avresti potuto dedicare la tua vita al basket?
Da ragazzino vedevo che non potevo fare a meno di avere un pallone da basket in mano - anche se a quell’età non puoi pensare troppo al futuro, né al fatto che possa diventare un lavoro vero e proprio. Mettendoci l’impegno, riuscii ad ottenere dei buoni risultati, al punto tale che, a quindici anni, passai da Argelato alla Fortitudo di Bologna, e iniziai ad essere convocato in Nazionale. Il miglioramento era continuo e, anche se ogni tanto qualcuno mi diceva che ero troppo basso, e decideva di non puntare su di me, io iniziai a fare tanti sacrifici, che non mi pesavano neanche tanto: allora capii che quella era la mia strada.
L’essere più grande della media dei tuoi compagni ti condiziona?
Tutt’altro, mi onora tantissimo: molti tra quelli che hanno iniziato insieme a me, a quest’ora stanno facendo altre cose. Ciò è motivo di soddisfazione, vuol dire che ho fatto bene le mie cose, ho preso questa passione come un lavoro vero e impegnativo, e mi sono mantenuto fisicamente. A me va bene così.
Se un giorno i tuoi figli decidessero di giocare a Basket?
Sarei contentissimo, naturalmente, ma non voglio certo costringerli a fare quello che ho fatto io. Se avranno la passione dentro di loro, così com’è scoccata in me, ben venga, altrimenti sarà lo stesso. L’importante è che facciano sport, così impareranno a rispettare le regole ed a crescere meglio.
In famiglia chi decide di accettare le offerte di una società sportiva?
…Io no (sogghigna). A parte gli scherzi, le decisioni che riguardano il lavoro spettano comunque a me. Ma se non leggo l’entusiasmo e la condivisione negli occhi di mia moglie e della mia figlia più grande, ne tengo conto.
Come sono stati i primi giorni a Matera?
Davvero buoni, è un’esperienza diversa perché comunque sono tornato a qualche anno fa, quando giocavo da protagonista. Adesso mi sento non dico la pressione addosso, ma certamente qualche responsabilità in più. Questa sensazione mi fa sa sentire vivo e un vero giocatore. Negli ultimi anni questa cosa era un po’ scemata, ora mi è tornato l’entusiasmo, non mancano le motivazioni: quando i tuoi compagni si appoggiano a te, vuol dire che hai veramente qualcosa di importante da dividere con loro.
Come si vive a Matera?
Benissimo! Matera è super, bella e con la sua storia, si vive bene, è perfetta per la famiglia. Indubbiamente. Ci troviamo bene facendo una vita normale. Quanti sono stati i compagni di gioco in tutta la tua carriera? Impossibile dirlo, questa è la mia diciottesima stagione da professionista.
Il tuo quintetto base per tutta la vita (naturalmente con Guarino play)?
Ryan Bucci (Ferrara), Rotondo (Sassari), Carrizo (Cassino) e Bisconti (Palestrina).
Socializzi molto con i tuoi compagni di squadra?
Si abbastanza, almeno penso di essere abbastanza socievole. Questa caratteristica non emerge all’esterno – spesso sento dire che sembro cupo, uno che si fa i fatti suoi). Invece mi integro con tutti, sia coetanei, sia ragazzi con 15 anni in meno. Considero tutti e cerco sempre di mettermi nei loro panni, prestando la mia esperienza. Poi bisognerebbe chiedere a loro…
Pensi spesso al futuro?
Ultimamente si, ho delle idee, tutte possibili, ma poi bisogna vedere.
E per quest’anno?
Sono ottimista di natura, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Ma preferisco non fare pronostici perché sennò me la tiro da solo. Stiamo sulla strada giusta, dobbiamo ancora migliorare tanto, però ci siamo.
Chi ti ha meravigliato di più, nel roster di quest’anno (così lo diciamo a tutti gli altri)?
Stan Okoye. Mi aspettavo fosse più introverso, invece è molto aperto.
Il piatto che ti piace di più della nostra cucina?
Le orecchiette con le cime di rape e mollica fritta. Qui si mangia troppo bene, trovi un forno in ogni angolo, ogni mattina si sentono questi profumi straordinari.
Angelo Tarantino